Carlo Scarpa

Carlo Scarpa, uno degli architetti e designer italiani più influenti del XX secolo, nacque a Venezia nel 1906. Dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti, intraprese una carriera caratterizzata da una profonda attenzione per i dettagli e una ricerca continua di innovazione, che spaziava tra architettura, design e arte. Nonostante la sua formazione artistica, Scarpa non si laureò mai in architettura, rimanendo a lungo fuori dagli ordini professionali ufficiali fino a quando, nel 1956, venne addirittura portato in giudizio per esercizio illegale della professione. Tuttavia, la sua fama e le sue capacità lo portarono a essere rispettato e ammirato come uno dei maestri dell’architettura italiana.

Uno dei momenti centrali della sua carriera fu la collaborazione con la vetreria Venini di Murano, che durò dal 1932 al 1947. In questo periodo, Scarpa si distinse per la sua capacità di coniugare l’artigianato tradizionale con l’innovazione, esplorando nuove tecniche di lavorazione del vetro e trasformando oggetti di uso quotidiano in vere e proprie opere d’arte. Le sue creazioni, come le murrine romane e i vetri battuti a nido d’ape, testimoniano questa costante ricerca di un equilibrio tra tradizione e modernità, un binomio che caratterizzò gran parte del suo lavoro.

Parallelamente al suo impegno con Venini, Scarpa si occupò anche dell’allestimento di mostre e musei, un’attività che gli consentì di esprimere appieno il suo talento nella gestione dello spazio e nella valorizzazione delle opere d’arte. Fu in questo ambito che riuscì a dare nuova vita a pezzi che, senza la sua magistrale capacità di allestimento, sarebbero stati destinati all’anonimato. Un esempio emblematico è l’allestimento del Museo di Castelvecchio a Verona, dove la sua attenzione ai dettagli e il rispetto per l’architettura storica si fusero in un’opera che trasformò completamente l’esperienza dei visitatori.

Scarpa, con il suo approccio visionario, non tollerava alcuna modifica alle sue creazioni. Ogni elemento, ogni oggetto inserito negli spazi da lui progettati, doveva essere scelto con cura, perché ogni variazione poteva compromettere la magia dello spazio stesso. Il negozio Olivetti in Piazza San Marco a Venezia ne è un esempio perfetto: pensato per esporre le macchine da scrivere come gioielli, quando trasformato temporaneamente in un negozio di souvenir kitsch, perse tutta la sua armonia. Solo un restauro fedele permise di restituirgli il suo splendore originale, anche se, secondo alcuni, il danno era ormai fatto.

Un altro aspetto affascinante della vita di Scarpa era la sua continua insoddisfazione nei confronti delle proprie opere. Non considerava mai un progetto realmente concluso, e durante la fase di realizzazione apportava continue modifiche. Questa sua esigenza di perfezione spesso creava difficoltà ai clienti, che non potevano prevedere né tempi né costi precisi, ma conferiva a ogni suo lavoro un’aura unica e irripetibile. Questa stessa attitudine lo allontanava da molti colleghi, che lo vedevano come un modello irraggiungibile, capace di elevare l’architettura a forma d’arte, ma anche un professionista “inaffidabile” in termini di gestione di tempo e risorse.

Nel 1978, poco prima di ricevere la laurea honoris causa, un evento simbolico che riconosceva il suo talento, Scarpa morì tragicamente in Giappone, scivolando sulle scale di un tempio. Anche nella sua morte vi fu un che di poetico, come se il destino volesse conservare intatto il mito dell’architetto fuori dalle convenzioni.

Oggi, Carlo Scarpa è considerato una figura leggendaria nel mondo dell’architettura e del design, ammirato per la sua capacità di fondere forma e funzione, tradizione e innovazione. Le sue opere, dai vasi di vetro per Venini agli allestimenti museali, rappresentano un’eredità unica, che continua a ispirare e affascinare architetti, artisti e appassionati di design di tutto il mondo.

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