Franco Angeli
Giuseppe Franco Angeli nasce a Roma il 14 maggio 1935, nel quartiere di San Lorenzo, in Via dei Piceni. La sua infanzia è segnata dalla precarietà: il padre è un antifascista, e la madre, malata, lo costringe a lavorare già a nove anni per sostenerla. Queste esperienze precoci influenzeranno la sua arte, insegnandogli l’uso dei materiali e un forte senso del sacrificio. Lavora prima nei magazzini, poi in una tappezzeria e una carrozzeria, apprendendo tecniche di manipolazione di tessuti e ritagli che saranno parte integrante del suo linguaggio artistico.
Angeli inizia a dipingere nel 1957, durante il servizio militare a Orvieto, trovando nella pittura una via di fuga da un profondo disagio esistenziale. Tornato a Roma, presso la Caserma Granatieri nel quartiere Prati, entra in contatto con lo scultore Edgardo Mannucci, amico di Alberto Burri, di cui subisce il fascino. Le opere di Burri, con la loro matericità consumata, influenzano profondamente i suoi primi lavori. Angeli traduce il trauma personale del bombardamento di San Lorenzo (19 luglio 1943) in opere come da una ferita scaturì la bellezza (1957), dichiarando: “La materia per me è un frammento di questa enorme lacerazione che ha travolto l’Europa”. I suoi primi quadri evocano ferite, ricordi e fragilità, con l’uso di bende, garze e materiali logori.
Negli anni successivi, Angeli si avvicina al Partito Comunista, ma si distacca dopo l’invasione sovietica dell’Ungheria, trovando maggior affinità con la sinistra extraparlamentare e i movimenti maoisti. Esordisce ufficialmente nel 1959 alla Galleria La Salita di Roma, insieme a Tano Festa e Giuseppe Uncini. Poco dopo compare sulla rivista Azimuth, accanto a Jasper Johns, Yves Klein e Mimmo Rotella. Nel 1960 inaugura la sua prima personale, presentando opere in cui veli di nylon e garze evocano memorie e assenze. Quello stesso anno, Pierre Restany lo include tra i “cinque pittori romani” accanto a Festa, Lo Savio, Schifano e Uncini.
Nel 1962 partecipa alla mostra Nuove prospettive della pittura italiana a Bologna, introducendo simboli del potere come svastiche, croci e mezzelune, spesso celati da veli per smorzarne la violenza. Questa fase segna l’inizio di un linguaggio artistico che filtra eventi contemporanei e memorie storiche. Le sue opere diventano testimoni del tempo, come Cuba (1960), legata alla rivoluzione di Fidel Castro, e 25 luglio (1964), che ricorda la caduta del fascismo.
Nel 1963 espone a Parigi con artisti come Christo e Kounellis, e inaugura una personale alla Galleria La Tartaruga di Roma, dove i simboli – consueti o tragici – assumono nuove valenze figurative. Nello stesso periodo collabora con Mario Diacono ed Elio Pagliarani, creando volumi che uniscono testi e disegni. Nel 1964 partecipa alla Biennale di Venezia, presentando opere dove il simbolo perde il significato originario, dissolvendosi in memorie collettive.
A partire dalla fine degli anni ’60, Angeli intensifica il suo impegno politico. Realizza opere ispirate alla guerra del Vietnam, alle proteste studentesche e alle lotte internazionali, come Compagni e Occupazione di un monumento equestre. Questi lavori, definiti da Dario Micacchi come “politicamente pittura”, mostrano la sua capacità di vedere e rappresentare la realtà in chiave sociale. Nel 1968 partecipa al progetto Il Teatro delle Mostre della Galleria La Tartaruga, realizzando l’installazione Opprimente, un muro ribassato che esplora i limiti dello spazio e del potere.
Nel 1969 vola per la prima volta negli Stati Uniti, esponendo a New York. Intanto, in Italia, partecipa a mostre collettive e personali, esplorando tematiche legate alla memoria e alla lotta di classe, come nelle opere dedicate al golpe cileno e alla resistenza vietnamita. Tra il 1970 e il 1974, realizza lavori ispirati ai paesaggi urbani di Roma, reinterpretando simboli antichi e moderni – aquile, svastiche, falci e martelli – che rievocano frammenti di storia.
Negli anni ’80 Angeli sviluppa un linguaggio stilizzato e metafisico, introducendo nelle sue opere elementi come piramidi, obelischi e aeroplani. Questi ultimi, aerei “infantilmente gioiosi“, richiamano la distruzione dei bombardamenti, creando una tensione tra semplicità e violenza. Le sue Esplosioni (1986) e i paesaggi esotici con forme geometriche stilizzate diventano metafore di storia e memoria.
Il tema della “marionetta” emerge negli ultimi anni come una sorta di autoritratto, riflettendo una condizione umana fragile e controllata. Angeli continua a esporre in mostre personali e collettive di rilievo, come la Biennale di Venezia del 1986 e la XI Quadriennale di Roma. Nel 1987 presenta il cortometraggio Souvenir a Milano, un’opera che sintetizza la sua poetica narrativa e simbolica.
Giuseppe Franco Angeli si spegne a Roma il 12 novembre 1988, lasciando un’eredità artistica che unisce introspezione personale, impegno politico e una profonda riflessione sulla memoria storica.
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